Ottobre
In questa newsletter: le challenge di Internet, Sabotaggio d’amore di Amélie Nothomb e Sirene.
Ciao, io sono Jennifer Guerra e questa è la mia newsletter mensile. Questo mese parliamo di:
Internet val bene una challenge
Ogni giorno durante la mia pausa pranzo guardo un documentario (o una parte, insomma, dipende da quanto lavoro ho). Questo mese ho guardato su Disney+ The Contestant, un documentario di Clair Titley sullo show giapponese del 1998 Denpa Shōnen e sul suo protagonista, Tomoaki Hamatsu, detto Nasubi (che vuol dire “melanzana”).
Nel 1998 l’aspirante comico Tomoaki, soprannominato Nasubi per la sua testa lunga, si presenta a un’audizione per un programma tv. Dopo aver pescato il suo nome da una scatola, Nasubi viene condotto in una minuscola stanza, fatto spogliare nudo e, senza che abbia firmato alcun contratto, comincia il suo “gioco”: uscirà dalla stanza solo quando vincerà l’equivalente di 1 milione di yen in cartoline a premi dei giornali. Nasubi non ha nulla con sé: né vestiti, né cibo, né forme di intrattenimento a parte i giornali e un diario. Se vuole mangiare, dovrà vincere gli alimenti in premio e trovare il modo per cucinarli. Per tutta la durata del gioco, Nasubi non sa di essere costantemente ripreso: i produttori dello show gli hanno detto che solo alcune parti verranno trasmesse. Presto il concorrente perde la cognizione del tempo e comincia a delirare. È libero di andarsene, ma non lo fa, nemmeno quando vince il gioco e, con l’inganno, viene costretto a ripeterlo in Corea. In tutto Nasubi rimane chiuso in una stanza, quasi del tutto privo di contatto umano, per un anno e mezzo.
Lo show ha un successo straordinario, tanto che i produttori decidono di trasmettere, oltre che la versione editata in tv, anche la diretta streaming 24 ore su 24 su Internet. I diari di Nasubi, in cui dettaglia il lento deteriorarsi della sua salute fisica e mentale, diventano veri e propri bestseller. All’epoca non esisteva la “reality tv”, non esisteva il Grande Fratello e non era ancora uscito The Truman Show. Il produttore del programma, Toshio Tsuchiya, spiega nel documentario che la sua idea era quella di fare un esperimento sociale, vedendo come si comportava una persona in totale balia del fato.
Avevo già sentito parlare di questo programma tv, ma guardando The Contestant mi sono resa conto di quanto questa storia abbia legami profondi coi contenuti che oggi consumiamo, spesso senza problematizzarli.
Denpa Shōnen è stato forse il primo e ultimo reality tv “perfetto”, sebbene le condizioni di vita a cui è stato sottoposto Nasubi fossero tutt’altro che reali. Qualche anno dopo c’è stata l’esplosione dei reality, dai vari Grande Fratello, The Simple Life con Paris Hilton e Nicole Richie, passando per Temptation Island. Per un po’ si è cercato di dare dignità a questi programmi presentandoli come “esperimenti sociali”, ma il pubblico ben presto ha rinunciato alla sospensione dell’incredulità, accettandoli come storie sceneggiate.
Oggi la tentazione di sapere “cosa succederebbe se…” si è trasferita a un altro medium: Internet. Non si parla più di reality ma di challenge. Qualche settimana fa il New York Times ha pubblicato un’inchiesta sul set del programma tv di MrBeast, lo youtuber più seguito al mondo, al secolo Jimmy Donaldson. MrBeast, che ha un grosso seguito tra adolescenti e giovani uomini, ha fatto delle challenge estreme e assurde la sua formula di intrattenimento e a luglio ha filmato parte del suo programma prodotto da Amazon Beast Games, in cui si sfidano più di 2000 concorrenti. Molti di loro però hanno lamentato condizioni estreme e pericolose, se non veri e propri abusi, e hanno denunciato la produzione.
Se nel caso di MrBeast le challenge sono fine a se stesse (o meglio, capitalizzano sull’economia dell’attenzione), in molti altri casi queste sfide di Internet hanno l’intento di provare una qualche tesi e spesso e volentieri coinvolgono persone ignare di diventare oggetto di tali “esperimenti sociali”. Pensiamo alla moda delle interviste ai passanti su TikTok, che hanno reso celebri persone qualunque, ma possono anche diventare moleste o umilianti.
Mi sono chiesta perché queste forme di challenge siano diventate così onnipresenti su Internet. In parte, mi verrebbe da dire, sono una risposta ai contenuti iper-curati e controllati degli influencer: un po’ come Tsuchiya, ossessionato dall’idea di documentare emozioni non filtrate, in queste sfide cerchiamo di cogliere qualcosa di autentico, di non preparato, ignorando però che l’algoritmo premia proprio questo tipo di contenuti.
Ho rivolto questa domanda anche al giornalista e digital strategist Francesco Marino, che su Instagram trovate come @pillolefuturopresente. Mi ha risposto così:
Intanto cogli un punto centrale: io sono convinto del fatto che i social di oggi siano un’evoluzione della reality tv. Generalmente a mancare è un contesto preciso (la casa del GF o l’isola deserta); nelle challenge e nei contenuti in stile MrBeast invece l’analogia è ancora più netta. Hanno successo per due ragioni fondamentali credo:
1. Catturano l’attenzione, perché poi mancano i limiti della tv. Puoi fare tutto, sfidare il senso comune, andare sempre più verso gli estremi. In più il meccanismo della gara, del contest, tende a tenerla viva, l’attenzione: cioè i contenuti sono anche guardati fino in fondo.
2. Questo meccanismo poi innesca un circolo vizioso: più quelle cose funzionano, più gli algoritmi delle piattaforme li diffondono. Più li diffondono, più quella cosa diventa format, da replicare ed estremizzare sempre di più per continuare a catturare la nostra disastrata attenzione.
Con Denpa Shen, Tsuchiya si era illuso di poter catturare emozioni primordiali e genuine, ma la reazione di Nasubi alla notizia che è tutto finito è quasi deludente: quando Nasubi viene rinchiuso nell’ennesima stanzetta, stavolta di cartone e allestita all’interno di uno studio televisivo, si spoglia in automatico, come pronto alla prossima challenge. Quando invece crollano le pareti, si trova nudo, confuso e quasi privo di qualsiasi emozione che non sia lo stupore. Inutile dire che la sua vita sarà devastata per sempre.
Cosa ho scritto questo mese
Per la mia newsletter in abbonamento Sibilla:
Per Fanpage.it:
“Io sono un uomo, nessuno ti crederà”: cosa sarebbe successo se Maria Rosaria Boccia non avesse registrato tutto, 6 settembre.
La risoluzione contro il “gender nelle scuole”: così la destra vuole vietare una cosa che non esiste, 12 settembre.
Con la nuova legge sulla famiglia la destra fa entrare gli antiabortisti nei consultori in Umbria, 18 settembre.
Pressioni psicologiche e bugie: cosa succede davvero negli ospedali a una donna che vuole abortire, 19 settembre.
“Assassine” che assumono “sicari”: perché papa Francesco attacca ancora le donne sull’aborto, 30 settembre.
Per 7:
«Io, Dylan e Prince: non sono mai stata meno di un uomo». Parla la groupie più famosa, 27 settembre.
Cosa ho fatto questo mese
Ho parlato di tradwives a FORUM!!!; sono stata ospite di Tutta la città ne parla su Radio 3 per parlare di denatalità; Matteo Aceti mi ha intervistata per la sua rubrica “Lo psicologo invita”.
Cosa ho letto questo mese
Sabotaggio d’amore di Amélie Nothomb è un libro che si legge tranquillamente in un pomeriggio. Era tanto che volevo leggere qualcosa di questa autrice e mi sono ritrovata in casa questo, quindi eccoci qui. Nothomb è figlia di diplomatici e ha trascorso gran parte della sua infanzia in Asia. Qui ne riporta un pezzo, che non ho capito bene se sia biografico o romanzato. Sabotaggio d’amore racconta una guerra mondiale inscenata dai figli di diplomatici che vivono nel ghetto degli stranieri di Pechino negli anni ‘70. È un libro che (sic) “fa ridere ma anche riflettere”, ponendoci di fronte all’autenticità dell’infanzia, dell’amore e dell’odio dei bambini, qui raccontati con grandissima serietà.
Cosa ho visto e ascoltato questo mese
Lo so, LO SO, non l’avevo ancora visto, ma ho rimediato, ok? Sirene è un film del 1990 con Winona Ryder, una minuscola Christina Ricci e soprattutto una bellissima fantastica meravigliosa bravissima leggendaria Cher. È la storia di una madre single che, ogni volta che una relazione finisce, decide di trasferirsi in un’altra città con le sue due figlie. La figlia maggiore, Charlotte, si vergogna della reputazione della madre e si ritrova, in molti casi, a sostituirla. Questo film, oltre a essere bello e confortante come tutti i film degli anni ‘90, parla soprattutto di una madre difficile.
Stando a Spotify, la canzone che ho ascoltato di più questo mese è Super Freak di Rick James.
I podcast del mese: Hysterical (Wondery), podcast del mese, dell’anno, ma che dico, della vita! Davvero bellissimo, su una malattia misteriosa che colpisce alcune liceali di una piccola cittadina dello stato di New York; The Line (Apple Original), sui crimini di guerra commessi da un plotone di marine in Iraq; Come una marea (Radio 24), sull’omicidio di Franco Mastrogiovanni durante un TSO.
Qualche appuntamento di ottobre:
Venerdì 4 alle 19:30 ci vediamo con Non Una Di Meno al circolo culturale Mattatoyo per una presentazione di Il femminismo non è un brand alla Festa del Racconto di Carpi.
Mercoledì 9 alle 18:00 ci vediamo al campus Leonardo del Politecnico di Milano per un incontro della rassegna “Atti d’amore antisistema” organizzata da Poli.her.o.
Giovedì 10 sarò all’Auditorium del Liceo Mascheroni di Bergamo per il festival Molte Fedi per un incontro-lezione dal titolo “Chi ha paura del femminismo?”
Domenica 20 sarò a Monte San Giusto (MC) per una serata dedicata a Pasolini organizzata dall’associazione CAOS.
Per ora è tutto!
Baci,
Jennifer