Q&A #22 - Le politiche della ricostruzione mammaria
Tai chiede di parlare della pressione sociale della ricostruzione del seno dopo una mastectomia.
Ciao, io sono Jennifer Guerra e questo è il Q&A di Sibilla. Per il Q&A di oggi, Tai chiede di parlare di un tema:
Sette anni fa mi è stato diagnosticato un tumore al seno piuttosto grave e con interessamento anche dei linfonodi. La Breast Unit che mi ha preso in carico mi ha proposto una mastectomia radicale con asportazione di seno, capezzolo, pettorale e svuotamento ascellare. Tutto ok fino a qui. Poi mi prospettano una serie di interventi per “ricostruire” seno, espansore, protesi, capezzolo, tatuaggio… e io dico NO. La chirurga e tutte e tutti rimangono impietriti da questa scelta. Io la definisco scelta anche se l’alternativa, NON ricostruire, me la sono inventata da sola. Nessuno me l’ha proposta. Ora sono tanti anni che aro questo giardino in cui la sintesi è che dopo l’asportazione di una parte così importante non è necessario rifare e ricostruire il nulla sul nulla. Cioè se come persona non te la senti e ti senti DONNA o non DONNA per quel vulnus o nonostante quel vulnus allora la ricostruzione in “automatico” per non dispiacere i tuoi figli, la società, il papà, il marito è un costrizione e pure rischiosa. Naturalmente non sono solo io a portare avanti questo tema ma è questo che mi ha avvicinata al femminismo, mi ha quasi costretta in questa casella, a cui non avevo mai pensato prima.
Cara Tai,
le tue parole mi hanno subito fatto venire in mente un libro che ho letto qualche tempo fa: Im/paziente. Un’esplorazione femminista del cancro al seno (Capovolte). Il libro è stato scritto da una donna a cui è stato diagnosticato un cancro al seno metastatico, Maëlle Sigonneau, e da una antropologa, Mounia El Kotni, che hanno voluto politicizzare l’esperienza del cancro dal punto di vista del genere, della classe sociale e della razza. Un intero capitolo del libro è dedicato proprio alla questione della conservazione della femminilità, dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista “funzionale”, con la menopausa e il congelamento degli ovuli.
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