Sibilla #5 - Cosa fanno davvero gli antiabortisti nei consultori
Gli antiabortisti sono sempre più presenti nei consultori e negli ospedali. Per qualcuno sono innocui volontari. Ma le loro armi sono la disinformazione e la manipolazione.
Mentre era ospite a Porta a Porta il 5 giugno scorso, la segretaria del Pd Elly Schlein ha criticato la presenza degli antiabortisti nei consultori che “impediscono alle donne di abortire”. Il conduttore Bruno Vespa ha risposto in modo piuttosto paternalistico che “nessuno impedisce alle donne di abortire” e che gli antiabortisti si limiterebbero a fare “informazione”.
L’idea che gli antiabortisti siano semplici volontari imparziali che aiutano le donne in un momento difficile è tanto radicata quanto fuori dalla realtà. Negli anni, numerose testimonianze dirette e inchieste hanno dimostrato come questi soggetti usino pressioni psicologiche, tecniche manipolatorie e disinformazione scientifica per dissuadere le donne dalla libera scelta.
Gli antiabortisti sono presenti da sempre nei consultori e negli ospedali: nel 1984 alla clinica Mangiagalli di Milano fu aperto il primo Centro di aiuto alla vita (Cav) in un ospedale, gestito dai volontari del Movimento per la vita (MpV). In Italia al momento esistono 332 Cav, la maggior parte dei quali resta fuori dalle mura delle strutture sanitarie. Ad aprile il Parlamento ha approvato un emendamento alla legge sui fondi del Pnrr proposto dal partito di governo che prevede che i consultori possano “avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”. La mossa è stata letta, anche all’estero, come una legittimazione di queste associazioni e una forma di restrizione all’aborto. In realtà, la situazione cambia poco a livello concreto, ma il sigillo del governo rappresenta un riconoscimento importante.
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