Q&A #2: Femminismo neoliberale
Silvia chiede se il neoliberismo abbia aiutato il femminismo.
Ciao, io sono Jennifer Guerra e questo è il Q&A di Sibilla. Questo è l’ultimo Q&A e più in generale l’ultimo numero di Sibilla che sarà visibile gratuitamente a tuttə. Se ti è piaciuto quello che hai letto finora, valuta di abbonarti.
Per il Q&A di oggi, Silvia chiede:
Il neoliberismo ha portato più uguaglianza tra i sessi (cioè, è stato d’aiuto al femminismo?)
Secondo Paul Johnson, consigliere e autore dei suoi discorsi, Margaret Thatcher una volta disse: “Le femministe mi odiano, non è vero? Non gliene faccio una colpa. Perché io odio il femminismo. È un veleno”.
Margaret Thatcher è un’icona del neoliberalismo, la dottrina economica che adottò per il suo lungo mandato da Prima ministra del Regno Unito (dal 1979 al 1990). Quando si parla del rapporto tra femminismo e neoliberalismo, non si può fare a meno di citare Thatcher, che alcuni considerano una figura positiva per il movimento delle donne perché una delle prime a rompere il celebre “soffitto di cristallo”. Ma di fatto, non solo Thatcher odiava il femminismo (e non sarebbe contenta di sapere che molte persone le attribuiscono questa qualifica post-mortem), ma durante il suo mandato non si impegnò molto per migliorare la vita delle donne, per usare un eufemismo.
Quando parliamo di neoliberalismo, parliamo di due cose:
Una dottrina economica che privilegia l’iniziativa privata, l’austerità e il libero mercato.
Un’ideologia che, per citare Pierre Dardot e Christian Laval, fa della “logica del capitale” “la forma delle soggettività e la norma dell’esistenza”.
L’analisi sugli effetti del neoliberalismo e l’uguaglianza tra i sessi andrebbe fatta tenendo insieme questi due aspetti.
Partiamo dal primo. Lo scoglio di fronte a cui ci troviamo subito quando analizziamo questo problema dal punto di vista economico è che la nostra idea di cosa sia la parità di genere è pesantemente influenzata dal neoliberalismo: l’indice globale più importante sulla parità di genere è compilato dal Fondo Monetario Internazionale, che valuta la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, il livello d’istruzione, la salute e l’integrità fisica e il potere politico. Secondo queste istituzioni, il ruolo principale della parità di genere è quello di fare da traino all’economia mondiale. Nella prefazione dell’ultimo Global Gender Gap Index del FMI, ad esempio, si legge che: “Accelerare i progressi verso la parità di genere non solo migliorerà i risultati per le donne e le ragazze, ma andrà a beneficio delle economie e delle società in modo più ampio, rilanciando la crescita, stimolando l’innovazione e aumentando la resilienza”.
Leggendo report come questi, sembra evidente che ci sia una correlazione diretta tra libero scambio e parità di genere: i Paesi più ricchi e industrializzati sono anche quelli dove le donne godono di maggiore uguaglianza. L’altro lato della medaglia – taciuto dal FMI – è che i Paesi più poveri, dove le donne soffrono di più le disuguaglianze, sono anche quelli vittime delle pratiche colonialiste e predatorie dei Paesi più ricchi e industrializzati, in cerca di manodopera a basso costo, materie prime da estrarre e discariche dove nascondere ciò che resta dell’iperconsumismo.
Ma anche nei Paesi più ricchi non è che ce la passiamo benissimo: l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, più che con l’emancipazione, è coinciso con un doppio carico di lavoro (salariato e domestico). La violenza di genere non è stata sconfitta e non accenna a diminuire. La cultura patriarcale è profondamente radicata. Insomma, le economie di mercato
Teoriche del femminismo come Nancy Fraser o Angela McRobbie sostengono inoltre che l’ideologia neoliberale abbia invaso il femminismo, rendendolo una sorta di proprio megafono. Selezionando quei valori femministi che non sono troppo in contrasto con il progresso economico (l’empowerment, l’autorealizzazione, il successo, la rappresentanza politica, eccetera), il neoliberalismo si è fatto spazio nel femminismo, cercando di porsi come la soluzione più efficiente per l’uguaglianza tra i sessi.
Ma il femminismo può essere ridotto soltanto alla parità di genere? Secondo me, no. Io vedo il femminismo più come un’affermazione positiva della differenza sessuale e un’alleanza tra corpi che come il raggiungimento di un obiettivo politico. In questo processo, il neoliberalismo non può avere alcun ruolo, ma anzi, promuovendo un sistema di solitudine organizzata, ne è proprio agli antipodi.
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Baci,
Jennifer
Buongiorno Jennifer, forse è saltato un pezzo? Dove dice "Insomma, le economie di mercato"