Maggio
Ciao, io sono Jennifer Guerra e questa è la mia newsletter mensile. Oggi parliamo di
Jolene, Jolene, Jolene, Joleeeeene
Negli ultimi due anni mi sono sempre più affezionata alla figura di Dolly Parton. A febbraio sono stata nel sud degli Stati Uniti con mio marito, in un viaggio che inizialmente doveva ruotare intorno a Dollywood, il parco a tema della cantante country, ma che non abbiamo potuto visitare proprio perché a febbraio è chiuso :(
Mi sono comunque potuta accontentare di Nashville, di numerosissimi omaggi alla regina del country (incluso il flipper della foto allegata) e soprattutto di vedere i suoi magnifici vestiti alla Country Music Hall of Fame. Fun fact: ti rendi conto di quanto siano gargantuesche le tette di Dolly Parton solo nel momento in cui vedi le proporzioni dei suoi manichini rispetto alle persone normali (tuttə noi siamo normali di fronte alla dea Dolly).
Come immagino saprete, a fine marzo Beyoncé ha pubblicato l’album country Cowboy Carter, ringalluzzendo l’eterna polemica sulle persone nere che suonano country. Se vi interessa l’argomento, vi consiglio di guardare su Netflix questa puntata della serie di mini documentari di Vox, Explained o di ascoltare questa puntata del podcast di Internazionale Il mondo, dove ne parla il giornalista culturale Daniele Cassandro.
In ogni caso, in questo album c’è una cover di Jolene, la canzone più famosa della nostra Dolly e forse di tutta la musica country in generale. Non so se si possa parlare di vera e propria cover, dato che Beyoncé ha cambiato di non poco il testo della canzone. Ecco alcuni passaggi significativi:
La versione di Beyoncé mi ha lasciata molto perplessa. Io ho sempre interpretato Jolene come una canzone saffica e non sono l’unica a pensarlo: insomma, se fossi così preoccupata perché una strafiga mi sta rubando il marito forse la prima cosa che farei non sarebbe scrivere un inno ai suoi capelli fiammeggianti e alla sua pelle d’avorio leggera come il soffio della primavera.
In un saggio dedicato a Jolene, la musicologa Nadine Hubbs sostiene che Dolly Parton abbia rovesciato la consuetudine della Cheating Song o Other Woman Song, che spesso e volentieri contiene insulti e aggressioni all’altra donna, appunto: “Ben lontano dall’essere antagonistico, il testo comincia come una supplica e si trasforma presto in una rapsodia, in un’ode alla bellezza e alla desiderabilità dell’altra donna. La narratrice di Parton riassume le incomparabili qualità dei capelli, della pelle, degli occhi, del sorriso e della voce di Jolene. Le declama la sua vulnerabilità, addirittura la sua contingenza: «La mia felicità dipende da te»”, scrive Hubbs.
La versione di Beyoncé al contrario sembra tornare indietro nel tempo e riappoggiarsi al tropo dell’Other Woman Song, configurandosi come un insulto minaccioso verso l’altra donna e celebrando per altro l’indissolubilità dell’amore coniugale ed eterosessuale, in cui la donna si fa carico della crescita spirituale e dell’educazione non solo dei figli, ma anche del marito: “We've been deep in love for twenty years / I raised that man, I raised his kids / I know my man better than he knows himself”. Insomma, un’immagine non proprio progressista.
Ne Il femminismo non è un brand parlo abbastanza diffusamente della relazione tra Beyoncé e il femminismo (se vi interessa qui si possono leggere diversi saggi sull’argomento) e su come la cantante abbia a lungo insistito sul suo essere una Independent Woman. Ma per me questa cover è un po’ la conferma di come l’autonarrazione della #girlboss preveda necessariamente la distruzione delle altre donne e l’approdo verso forme di femminilità tradizionali e patriarcali schermate da un’apparenza di libera scelta. Ed è un peccato che per far passare questo messaggio, Beyoncé si sia servita di una canzone che va proprio nella direzione opposta, come Jolene.
Comunque Cowboy Carter resta un bellissimo album, Dolly Parton ha approvato la cover, e tutto ciò che fa rosicare i repubblicani conservatori è bene, quindi magari è un problema mio.
Cosa ho scritto questo mese
Per Fanpage.it:
Perché la sicurezza delle donne non può passare da una chat e dallo “scrivi quando arrivi”, 6 aprile.
Come il governo di Giorgia Meloni sta legittimando ancora una volta gli antiabortisti, 16 aprile.
Perché l’aborto non un è delitto, come dice la vicedirettrice del TG1: è un diritto di tutte le donne, 21 aprile.
“Così la Rai mi ha censurata come Antonio Scurati”: il racconto in prima persona di Jennifer Guerra, 22 aprile.
Per The Vision:
Per arginare gli antiabortisti è ora di eliminare dalla legge 194 l’obiezione di coscienza illimitata, 24 aprile.
Cosa ho fatto questo mese
Il Magazine de La Nazione Luce! ha raccontato il mio intervento alla rassegna “Conversazioni sul corpo” organizzato da CGIL Toscana; è uscita la puntata del podcast “Solo se ti rende felice” che abbiamo registrato alla Libreria Alice di Firenze con UnderDogs; su L’Indiscreto è uscito un estratto di Il femminismo non è un brand; una lunga intervista a proposito del libro la si può ascoltare nel podcast di Le parole fucsia.
Cosa ho letto questo mese
Nel suo nuovo libro, Filosofia: maschile singolare. Un problema di genere in filosofia, Lorenzo Gasparrini affronta un problema noto (anche se spesso sottovalutato o negato) con una prospettiva che mi è piaciuta davvero moltissimo. Anziché lamentare l’assenza delle donne nella filosofia, Gasparrini ribalta il problema e sostiene che il vero problema sia l’assenza del corpo dell’uomo nella pratica filosofica. I filosofi hanno creato una mente pensante completamente staccata dal corpo, ignorando il fatto che non può esistere un cervello senza un corpo che lo sostiene. Di conseguenza la sottovalutazione della dimensione corporea, incarnata della filosofia è dovuta proprio al fatto che i filosofi maschi (cioè tutti) hanno preteso di pensare senza corpo, facendo diventare questo paradigma il soggetto della filosofia. Questa è la premessa metodologica, poi il libro è pieno di ✨ misoginia filosofica ✨ per tuttə noi amə del pensiero.
Cosa ho visto e ascoltato questo mese
Questo mese ho visto su Netflix The Antisocial Network: Memes to Mayhem, documentario che racconta la storia di 4chan e le conseguenze che questa imageboard ha avuto sulla società americana, dalla nascita di Anonymous, a Q-Anon, fino ad arrivare all’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Il documentario è molto illuminante, specie perché coinvolge alcune personalità importanti legate alla galassia 4chan (e 8chan) e perché fa alcuni ragionamenti interessanti sullo “spillover” di linguaggi di comunità ristrette e specializzate (come quella dei troll di 4chan) nel mainstream.
La canzone che ho ascoltato di più questo mese è It’s My Life degli Animals.
I podcast del mese: The Turning: The Sisters Who Left (iHeart Podcast), bellissimo podcast sulle Missionarie della Carità, l’ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta, e sulle suore che l’hanno abbandonato; Diabolica. La coppia dell’acido (Corriere della Sera), Bestie (OnePodcast) sulle Bestie di Satana; Sangue loro - Il ragazzo mandato a morire (Sky Original) sull’attentato di Fiumicino del 1985.
Ed eccoci agli appuntamenti del mese!
Presentazioni di Il femminismo non è un brand:
Giovedì 2 maggio alle 21:00 a La Strega bar di Fidenza (PA) per LSD Festival;
Giovedì 9 maggio alle 18:00 alla Libreria Friuli di Udine;
Venerdì 17 maggio alle 21:00 alla Biblioteca Classense di Ravenna per il festival ScrittuRA.
Martedì 28 maggio alle 21:00 al Teatro di Gianico (BS) per OLTRECONFINE Festival.
Mercoledì 29 maggio alle 18:00 al Libraccio di Ferrara.
Giovedì 30 maggio alla libreria Limerick di Padova.
Vi segnalo anche questi due appuntamenti “extra”:
Venerdì 24 maggio alle 18:30 sarò alla Libreria delle donne di Milano per il ciclo di incontri “Femminismo 3.0: è tutto rosa quel che luccica?” per parlare di influencer e femminismo.
Sabato 25 maggio, sempre a Milano, parteciperò al seminario “Sex Things. Le nuove forme delle relazioni amorose e sessuali”, organizzato dalla scuola di psicoterapia analitica Nuova Clinica Nuovi Setting.
Ci vediamo anche al Salone del libro di Torino:
Sabato 11 alle 19:15 presenterò Il femminismo non è un brand insieme a Giulia Siviero che presenterà il suo Fare femminismo (nottetempo).
Domenica 12 alle 11:00 sarò invece all’Arena Robinson insieme a Marta Stella, autrice del libro Clandestine: Il romanzo delle donne (Bompiani).
PS: Sul mio sito trovate sempre gli eventi aggiornati!
Baci,
Jennifer